Autori
Margherita Pisano, Gaetano Crivaro
Brevi note biografiche
Margherita Pisano ha conseguito il dottorato in urbanistica all’università la Sapienza di Roma, con una tesi dal titolo “Creare relazioni da abitare. Voci, narrazioni, azioni in uno scheletro urbano riabitato”. Nell’indagare lo spazio urbano rivolge una particolare attenzione verso le persone e i loro vissuti, alla ricerca di quelle traiettorie che ognuno instaura con lo spazio nel tentativo di abitarlo. “Good Buy Roma” è la sua prima esperienza cinematografica parte integrante del suo lavoro di ricerca. Un percorso orientato a sperimentare modalità di narrazione e interazione con il reale, capaci di far emergere quelle vite spesso considerate ai margini, quei luoghi nascosti in cui tali vite si intrecciano, tentando di sollevare domande sul modo di abitare le nostre città.
Descrizione dei contenuti dell’opera
Abbandonato da anni, chiuso, protetto e minacciato da un alto muro spinato, ricoperto da tanta polvere, l’edificio di Via del Porto Fluviale 12 era un magazzino militare, di proprietà pubblica, uno di quei tanti scheletri che come funghi spuntano nel panorama cittadino. Era, perché oggi è qualcos’altro.
Con gli anni e il lavoro la polvere è stata scacciata, il processo di degrado fermato, e la vita ha preso il suo posto. Dal 6 giugno 2003 vivono, in questo ex scheletro, circa 100 famiglie, provenienti da tre continenti. In 8 anni sono nati circa 40 bambini.
Cosi la ex caserma è diventata non solo una casa, ma quasi una piccola città.
Motivazione scientifica
“Ciò che chiamiamo documentario è semplicemente quel cinema che si confronta per così dire frontalmente con le realtà[…]Questo rischio il documentario lo condivide con il giornalismo, con il mondo dell’informazione, dei periodici, dei media, ed è per questo motivo che viene spesso assimilato ad essi. La confusione non regge. Le logiche dell’informazione, che sono attuali, affermative e accumulative, se non normative, le logiche del cinema sono piuttosto dubitative e sospensive, dalla parte dell’ambiguità, della dissimulazione di indizi, della messa in dubbio di dati e certezze: lavorano in differita, per sottrazione, per ritenzione di informazioni, trascinano il loro spettatore in costruzioni narrative che obbediscono più a una drammaturgia dell’implicazione che a un compito di esplicazione.” (Comolli)
Utilizzare lo strumento cinematografico nell’ambito della ricerca urbana significa sposare questa drammaturgia dell’implicazione con il territorio.